Dal profondo e complesso simbolismo del labirinto, una nuova visione sul tema fondamentale per l’essere umano: la relazione.
Come ha sottolineato Hermann Kern, uno dei più grandi esperti sull’argomento: “Nel labirinto non ci si perde, nel labirinto ci si trova. Nel labirinto non si incontra il Minotauro, nel labirinto si incontra sé stessi”.
Un cammino iniziatico per conoscersi nell’intimo ed aprirsi autenticamente all’altro, un esercizio di fragilità e coraggio, una via paradossale all’amore.
Ideatore del progetto Lo specchio nel labirinto e curatore del metodo originale, unico nel suo genere, che fonde questi due elementi – è nato il 21/04/1972 a Venezia, città dove vive e lavora come Naturopata dal 2001 presso lo Studio Il Fiore d’Oro.
Dottore in Lettere ad indirizzo archeologico presso l’Università Cà Foscari di Venezia, Origio coltiva fin da giovane la sua ricerca sull’uomo, in senso antropologico, filosofico, religioso e spirituale.
E’ consulente individuale e formatore, dotato di grande empatia e di una spiccata sensibilità artistica: organizza conferenze e corsi per divulgare la cultura olistica in tutto il territorio nazionale.
Tre percorsi dedicati alle dinamiche di relazione più importanti, ispirati e informati dalla grande saggezza del mito: la relazione con sé stessi (Luce nell’Ombra), la relazione di coppia (Teseo e Arianna), la relazione genitore/figlio (Dedalo e Icaro).
La psicologia ci presenta un uomo inconscio a sé stesso, chiamato a prendere coscienza di quanto custodisce dentro di sé tramite la relazione: ciò che non conosciamo di noi, infatti, si può rivelare per riflesso solo nel volto dell’altro, ma, in quanto ignoto, ci appare ostile o scomodo (Ombra). In questo workshop il soggetto esplorerà lo spazio del labirinto assimilabile all’inconscio psichico, trovando al centro della struttura uno specchio: come un eroe, dal confronto con i propri aspetti terrifici e dolorosi (rappresentati simbolicamente nel mito dal Minotauro) uscirà rigenerato, scoprendo in sé stesso risorse prima sconosciute da integrare nella dimensione esteriore.
Nel mito classico l’eroe riesce ad uscire dal labirinto solo grazie al filo datogli da Arianna; le raffigurazioni più antiche del labirinto di Cnosso, però, ci mostrano una struttura unicursale (ovvero ad una sola via) dove è davvero impossibile perdersi. Ecco che il filo assume un’altra valenza. I protagonisti del mito, riletti in chiave simbolica, rappresentano il maschile e il femminile che abitano in ognuno di noi: per superare il confronto con la propria Ombra è necessario mantenerli uniti. Da qui un prezioso insegnamento per affrontare le difficoltà implicite in ogni percorso di coppia: la fiducia.
Il racconto di Ovidio ci porta a riflettere sul delicato rapporto fra genitori e figli. Dedalo dà al figlio Icaro ali per volare, con cui proveranno ad uscire da una situazione senza sbocco; lo esorta a volare a mezza altezza, alla ricerca dell’equilibrio personale. Icaro cadrà in mare per essere stato “affascinato dal cielo”, cioè da un’idea slegata dalla realtà, frutto di una coscienza ancora limitata di sé stesso. Il mito ci insegna il corretto rapporto con l’immaginazione, altra preziosa risorsa restituita dal mitologema del labirinto.
Il saggio indaga il modello del labirinto unicursale, cioè ad una sola via, letto secondo una prospettiva diacronica e multidisciplinare: archeologia, storia delle religioni, antropologia, mitologia, alchimia e psicologia del profondo ci restituiscono il senso originario del labirinto – ritrovarsi, non perdersi – rimarcandone la distanza dal dedalo di più recente ideazione.
Analogamente all’esperienza indotta dal viaggio iniziatico – di cui ricalca i contenuti e le forme – l’Autore riconosce nella matrice unicursale uno strumento capace di favorire la relazione, la rigenerazione a livello psico/emotivo e la conoscenza di sé.
Il testo ripercorre fedelmente le tappe del cammino su un labirinto pavimentale, simile a quello tutt’ora percorso da migliaia di persone ogni anno nella cattedrale di Chartres, svelando passo dopo passo al lettore i suoi codici.
Nel centro del labirinto – che rappresenta graficamente il punto di svolta del cammino – si trova inaspettatamente uno specchio, elemento che arricchisce le caratteristiche innate del labirinto amplificandone il tratto relazionale, orientato verso l’integrazione delle componenti inconsce (Ombra).
Il cortometraggio Nel labirinto interiore esplora le dinamiche di relazione psichica orientate dal mondo inconscio, che si rivela nel volto dell’altro.
Carl Jung ha riassunto questa dimensione nel concetto di Ombra, intesa come la rappresentazione di ciò che l’individuo non riconosce, reprime o rifiuta perché incompatibile con la forma di vita scelta consciamente: non è possibile per l’uomo farne esperienza diretta, in quanto presenta un carattere contrario al soggetto cui appartiene.
Sul piano collettivo l’Ombra ha dato vita ai mostri, creati dall’uomo per dare un corpo a paure, desideri, ansie e fantasie: come sostiene Jeffrey Cohen (Monster’s theory – 1996)
e suggerisce l’etimologia stessa del loro nome (monstrum, dal verbo monere = mostrare),essi hanno il compito di rivelare ciò che è nascosto e ricondurre così l’uomo a sé stesso.
La relazione, quindi, va riletta come un cammino iniziatico di rinnovamento, un perdersi per ritrovarsi, durante il quale far cadere le maschere e aprirsi ad un incontro autentico, generativo.
Il labirinto è lo spazio per antonomasia di questa esperienza: regno del Minotauro nel mito greco, luogo di morte e rinascita, questa struttura di tradizione millenaria si organizza attorno a un centro, punto intermedio di un percorso paradossale dove compiere la sintesi degli opposti.
La scultura – alter ego del labirinto nella sua semplicità formale – ne esprime essenzialmente la funzione relazionale e rigeneratrice, utilizzando il linguaggio della metafora sessuale. Viene recuperato così il tradizionale motivo dello hieros gamos, le nozze sacre, in cui Carl Jung riconosce un simbolo dell’unione tra le polarità psichiche.
Questo è anche un codice tipico dell’alchimia, dove l’atto della copulazione – in quanto unione degli opposti – spesso traduce simbolicamente il processo di realizzazione della pietra filosofale, la Grande Opera.
L’ispirazione che ha portato alla creazione del manufatto proviene proprio da un testo alchemico, lo Splendor solis, dove le fasi dell’Opera sono immaginate avvenire all’interno di un ampolla di vetro dal corpo panciuto.
Nello specifico, la scultura in vetro – ideata da Simone Origio e realizzata in collaborazione con Renata Ferrari – è una rielaborazione moderna di fiola (bottiglia soffiata dal ventre arrotondato e dal collo allungato tipica della produzione muranese tradizionale).
È composta da due elementi: l’ampolla, con la sua forma rotonda e racchiusa, richiama il femminile, l’inconscio e l’utero; il tappo, che penetra nell’ampolla, richiama il maschile, la coscienza e il fallo. Come il maschile feconda il femminile, così lo sguardo cosciente feconda l’inconscio e lo porta alla luce: guardarsi dentro è un atto generativo.
Se dall’amplesso fra un uomo e una donna si genera un embrione, dalle acque dell’inconscio si produce un terzo elemento, rappresentato da una perla che galleggia nel centro: essa raffigura il momento dell’aurora, che prelude al sorgere di un nuovo giorno nel cielo, a significare simbolicamente l’aumento di coscienza e l’integrazione di nuove risorse.
Nell’Ombra è una performance che si svolge nello spazio simbolico di un labirinto pavimentale unicursale, dove viene coinvolta una persona del pubblico: l’ospite dovrà seguire l’unica via e raggiungere il centro del labirinto, evitando il contatto diretto con la personificazione dell’Ombra/Minotauro che si aggira liberamente fra i meandri dei corridoi. Al centro del labirinto si trova uno specchio, coperto da un telo nero: quando l’ospite lo scopre e riesce a specchiarsi l’Ombra muore, a raffigurare il dissolvimento della proiezione psichica che impedisce ad ogni uomo di accedere ad una relazione autentica con sé stesso e l’altro. Ne vediamo una rappresentazione esemplare, la prima assoluta, realizzata in diretta e senza alcuna prova preliminare, in cui un ritmo archetipale accompagna la danza di due performers.
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